Chi tra voi è più grande…

Le dimissioni di Papa Benedetto XVI

“Vedrete, vi stupirà”: così affermò il card. Martini (che dichiarò anche di aver votato per lui) al termine del conclave che aveva eletto papa il card. Ratzinger, che alcuni giudicavano troppo “conservatore”. Era stato un buon profeta. La rinuncia di Benedetto XVI al pontificato, annunciata lunedì 11 febbraio, ha stupito il mondo intero. Erano ben cinque secoli che un papa, allora in tutt’altra situazione, non compiva questo gesto.

“Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Queste alcune delle parole pronunciate dal Papa, che poi ha continuato: “Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, […] per governare la barca di San Pietro e non rinunciare al Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. E ha concluso: “Vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua Santa Madre Maria. […] Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.”

Ho voluto riportare, quasi nella sua totalità, la dichiarazione di Benedetto XVI, perché mi sembra riveli la grande rettitudine e umiltà d’animo di questo papa, che, appena eletto, nel suo primo saluto dalla loggia di S. Pietro, si era presentato come “un umile lavoratore nella vigna del Signore”. Quanto queste parole non fossero vuota retorica l’ha dimostrato tutto il pontificato di quest’uomo anziano, lucidissimo nelle sue analisi del mondo contemporaneo, capace di dialogare con atei e uomini e donne di altre religioni, desideroso di fare una doverosa chiarezza sugli aspetti oscuri della vita della Chiesa (si veda lo scandalo della pedofilia) esigente più con se stesso che con gli altri. Il “Pastore tedesco”, come un quotidiano l’aveva definito all’indomani della sua elezione, si è dimostrato vero pastore, libero da calcoli interessi personali, in cerca solo del bene della comunità a lui affidata. Per il bene della comunità ha operato nel suo ministero di prete teologo, di vescovo e di papa; e per il bene della comunità ora continuerà a lavorare con la preghiera.

Qualcuno ha contrapposto la scelta di Giovanni Paolo II di rimanere al suo posto fino alla fine, nella convinzione che “dalla croce non si scende”, a questa di Benedetto XVI di rassegnare le sue dimissioni. A me sembra invece che questi due papi, accomunati da moltissime affinità di pensiero, da grande stima reciproca e da ventiquattro anni di strettissima collaborazione, ma molto diversi tra loro per temperamento e storia personale, abbiano dato entrambi un esempio di umiltà, vissuta in due differenti modi. Papa Giovanni Paolo ha vissuto l’umiltà portando per il mondo la sua malattia senza finzioni, sotto l’occhio impietoso delle telecamere, fino ad invocare a Lourdes, sentendosi scivolare dall’inginocchiatoio: “Aiutatemi”, ma al tempo stesso certo di poter ancora guidare la Chiesa.

Papa Benedetto ha vissuto l’umiltà di chi, valutando di non essere più in grado di svolgere adeguatamente il suo ministero, sa farsi da parte, senza ritenersi indispensabile, nella certezza che chi guida veramente la Chiesa è il Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo e che con lui si può collaborare con le opere, ma non meno con la preghiera.

“Chi tra voi e più grande diventi come il più giovane – ha detto Gesù ai suoi discepoli la sera prima di morire – e chi governa come colui che serve” (Vangelo di Luca, cap. 22 v. 26). Parole vissute non solo ora, ma in tutto il suo ministero, da Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, che ha meritato apprezzamento e amore, forse più di quanto in questi anni ne abbia ricevuto.

Probabilmente, quando queste righe saranno lette, la Chiesa avrà già il nuovo papa. Chi è credente lo unisce nella preghiera a colui che lo ha preceduto in un cammino ininterrotto che, pur segnato da debolezze e contraddizioni, fa sì che nel mondo non manchi mai l’annuncio del Vangelo della vita e della speranza.

don Claudio Masini

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