A 50 anni dal Concilio

Chiesa, laici e religiosi nella Lumen Gentium e nel recente Piano Pastorale

Fra gennaio e marzo, l’AC dell’Unità Pastorale Pisanova (parrocchie di S. Michele degli Scalzi e Sacra Famiglia) ha organizzato una serie di incontri sulla “Lumen Gentium” (LG), la “Costituzione dogmatica sulla Chiesa” del Concilio ecumenico Vaticano II. La ragione di questa iniziativa, fortemente voluta dal giovane parroco, don Lorenzo Bianchi, non è solo da ricercare nelle ricorrenza dei cinquant’anni, ma anche, se non soprattutto, nella volontà di rileggere questo fondamentale documento alla luce del Piano Pastorale (PP) 2014-2019, consegnatoci dal nostro Arcivescovo, che con la Lumen Gentium presenta non poche e non accidentali convergenze.

A guidare le riflessioni sono stati invitati relatori che del Concilio sono appassionati studiosi e conoscitori: Mons. Severino Dianich, il “nostro” Dario Caturegli e Mons. Franco Cancelli. A loro, anche da queste pagine, aderenti e simpatizzanti di AC rinnovano un personale ringraziamento per aver accettato gli inviti. I tre incontri hanno riguardato: un inquadramento generale del documento conciliare (Mons. Dianich), i laici nella Chiesa (Dario) e la vita consacrata (Mons. Cancelli). Delle tre serate speriamo a breve di poter inserire sul sito una documentazione approfondita, con il consenso e l’approvazione dei relatori. In questa sede possiamo solo brevemente accennare ai contenuti ricchissimi di riflessioni che ci sono stati consegnati.

Mons. Dianich ha presentato un inquadramento storico del concilio “da urlo”, veramente per palati fini, ripercorrendo sinteticamente e lucidamente la storia bi-millenaria della Chiesa, il suo rapporto con il mondo e con i poteri temporali; un rapporto che l’aveva condotta, in modi diversi in tempi diversi, a confondere i mezzi con i fini, la sua struttura temporale e il suo essere mediatrice con l’Eterno. È su questo sfondo e sulla volontà ispirata del santo papa Giovanni XXIII di riportare al centro l’essenziale che si può comprendere un Concilio che all’epoca sorprese tutti, proprio perché non chiamato a dirimere specifiche, importanti (financo drammatiche) questioni, come era stato per tutti i concilii precedenti. Il documento, nei contenuti e nella struttura, è dunque funzionale ad annunciare al mondo intero (e, per quanto appena visto, potremmo anche dire “per ricordare a se stessa”) quale sia la natura della Chiesa e quale la sua missione universale di salvezza: portare le genti a Cristo e Cristo alle genti. Mons. Dianich ha parlato poi delle prospettive aperte dal Concilio ma anche di quelle deluse, soprattutto per alcune scelte ecclesiali successive. Poi molti accenni ai grandi passi fatti, come la maggior presenza dei laici e delle donne nella pastorale, ma anche l’accresciuto interesse per l’approfondimento e lo studio degli argomenti teologici, dal Concilio ad oggi. Un interesse che ha spinto molti laici (donne comprese) ad intraprendere gli studi accademici negli Atenei pontifici. Fino alla possibilità di ricoprirne i ruoli accademici che 50 anni fa erano esclusivi di sacerdoti e religiosi.

Dario Caturegli, chiamato a guidare la riflessione sui laici, è stato il più attento a presentare il documento conciliare in rapporto al PP. Come nella pericope Paolina, i laici sono “membra vive”, chiamate alla santificazione permanente della Chiesa. Funzione propria e vitale dei laici è di “rendere operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro” (LG, n.33). Chi può, è la domanda posta da Dario, portare l’annuncio di Cristo in famiglia, nei luoghi di studio e di lavoro, nello sport e persino “al bar” se non i laici? È in questo modo che essi consacrano a Dio il mondo stesso (34). E qui Dario opportunamente ricorda quanto il PP dice al n.59, proprio richiamando la LG, e cioè che la vocazione tipica di ogni fedele laico è di essere lievito in quella massa spiritualmente statica e informe che è la vita di ogni giorno nella famiglia, nel lavoro e nella cosa pubblica. Dario si sofferma poi sul rapporto (che prima del Concilio era quasi di sudditanza) fra clero e laici. Non si tratta di mettere in atto pratiche di democrazia, spesso confuse e per nulla evangeliche, ma di vivere quei familiari rapporti dai quali si devono attendere molti buoni frutti per la Chiesa. È nella logica della “gara nello stimarci a vicenda”, ricorda Dario, che i laici possono apprezzare l’invito conciliare all’obbedienza ai pastori (37), secondo l’esempio di Cristo, obbediente fino alla morte, e i pastori promuovere la responsabilità e l’iniziativa dei laici e servirsi del loro prudente consiglio.

Mons. Cancelli ha iniziato ricordando proprio che l’anno 2015, per volere di Papa Francesco (egli stesso Religioso), è dedicato alla Vita Consacrata. Questa dedicazione, come anche per altre nel passato, riflette la necessità di confrontarsi con coraggio sui problemi (diminuzione drammatica delle vocazioni, rapporti con l’Episcopato, non pochi “scandali”) ma anche per mettere in luce tutta la bellezza di una speciale chiamata alla Santità, una vocazione che comunque riguarda tutti (come ricorda il PP n.33), per portare a compimento le promesse del Battesimo. Proprio perché i Religiosi appartengono alla vita e alla santità della Chiesa, Mons. Cancelli ha sottolineato come sia fondamentale correggere il presupposto che essi siano funzionali alla Chiesa solo “per ciò che fanno”. Dobbiamo riscoprire, tutti noi fedeli, il particolare dono costituito dalla vita consacrata (la sua grandezza, LG n.46), anche quella claustrale. Al riguardo Mons. Cancelli ha ricordato come Pio XI (il “Papa dell’AC”) abbia proclamato S. Teresa di Gesù Bambino, una monaca di clausura, patrona delle missioni insieme a S. Francesco Saverio, dunque protettrice di coloro che più di altri “fanno” nel mondo. Da parte loro, i religiosi devono prendere maggiore consapevolezza di appartenere alla Chiesa (pur non essendo parte della struttura della Chiesa) e in special modo alla Chiesa locale. A fronte del doloroso problema del calo delle vocazioni (e degli “abbandoni”), in sede di dibattito Mons. Cancelli ha messo in luce come ci siano anche ordini in crescita e vocazioni forti che non possono essere spiegate (come poteva essere più frequente in passato) da una volontà di “fuga dal mondo”, vocazioni dunque che coinvolgono età più mature e persone che nel mondo e secondo il mondo già potevano considerarsi “realizzate”.

Mauro Leoncini, Presidente parrocchiale di AC

e Enza Polizzi

Altri articoli in questo numero