Incontro dei Presidenti parrocchiali della Toscana con la Presidenza Nazionale alla Badia Fiesolana

Il link dropbox per ascoltare l’intervento completo del Presidente nazionale Matteo Truffelli:

Audio Truffelli 05/03/2016 incontro Presidenti

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Il racconto della giornata:

Sabato 5 marzo si è svolto l’incontro dei presidenti toscani con una delegazione della Presidenza Nazionale; erano presenti l’assistente mons. Mansueto Bianchi, il presidente Matteo Truffelli, il vicepresidente adulti Giuseppe Notarstefano, la responsabile ACR Teresa Borrelli, la segretaria generale Carlotta Benedetti.

Davanti ad una gremitissima sala della Badia, Giovanni Pieroni, delegato regionale, ha esordito facendo un’impietosa radiografia dell’AC in Toscana: gli aderenti sono 9300, con un calo del 15% del numero di associazioni e di iscritti avvenuto nell’ultimo decennio; in progresso l’ACR, stabili i giovanissimi, in calo i giovani, quasi inesistenti i giovani adulti, ben radicati gli over 70, ma in netto calo gli adulti (il “nostro punto debole”): gran parte della riduzione del 15% si deve a loro, sono calati di 1600 unità nell’ultimo decennio. Ad oggi il 37% degli iscritti ha più di 69 anni.

Ma i numeri non debbono frenarci, ha concluso Pieroni, e la dimensione parrocchiale in cui operano le nostre associazioni è ancora fondamentale; è qui che si fa e si vive una Chiesa ‘bella’, in cui si vive l’accoglienza; le nostre associazioni sono ancora capaci di grandi cose, basta lasciare il “si è sempre fatto così” e aprirci al progetto di Chiesa che Papa Francesco ha declinato nell’Evangelii Gaudium.

Sono state presentate a questo punto alcune esperienze nuove e significative svolte in alcune parrocchie.

Paola, presidente diocesano dell’associazione di Arezzo Cortona, ha presentato il progetto “Mai senza l’altro” rivolto ad un accompagnamento degli assistenti e dei parroci per conoscersi e sostenersi, per creare relazioni e ponti anche con zone più disagiate; il tutto fatto di momenti più conviviali (ritrovarsi per un gelato) e più seri e formativi, come momenti liturgici o  la presenza di ogni seminarista ad un campo estivo AC.

Sauro, presidente della parrocchia di Pian di Scò, un piccolo centro di 2500 abitanti (Arezzo), ha presentato l’esperienza “InTHEgriamoci”, una proposta di donne per donne extracomunitarie che ogni sabato pomeriggio si incontrano intorno ad una specie sempre diversa di the, per parlare, conoscersi, condividere storie e situazioni; da quest’esperienza è nato anche un dvd che la racconta dalla viva voce ‘multiculturale’ delle donne che ne fanno parte.

Maurizio e Elisa di Firenze hanno presentato un’esperienza di accompagnamento dei genitori dei ragazzi partecipanti ai campi ACR, attraverso un sussidio consegnato ai genitori all’inizio del campo dei figli per poterli seguire con un itinerario parallelo; al termine della settimana e del percorso fatto in famiglia con il sussidio (fatto di semplice letture e piccoli impegni concreti) i genitori si ritrovano un paio d’ore per scambiarsi impressioni. Ai genitori si offre anche un’altra opportunità di incontro durante l’anno.

Stella di Lucca, ha presentato un’attività fatta insieme dalla Fuci e dai giovani d’AC a favore di studenti delle superiori e dell’università cui sono stati trovati e offerti spazi per studiare, ritrovarsi, pregare insieme.

Damiano della parrocchia di Santomato e Vicofaro (Pistoia) ha raccontato l’esperienza di un gemellaggio con i bambini di Scampia.

Monica di Radicofani ha raccontato l’esperienza parrocchiale del ‘Mese della pace’, divenuto sempre più partecipato fino a diventare un evento del 2016 con ben 100 presenze alla festa conclusiva.

Terminati i racconti della vita delle associazioni, è intervenuto il presidente Matteo Truffelli sottolineando la direzione dell’AC dopo l’invito del Papa di porsi ‘en salida’ (in uscita).

“Ci rivediamo per dare seguito al grande appuntamento con il Papa il 3 maggio Roma con i 6000 presidenti”, ha esordito il presidente, “e la prima ragione dell’incontro è il ringraziamento per quello che fate settimanalmente, quotidianamente per la vostra chiesa, per la vostra parrocchia e per l’associazione con cui servite la chiesa.

Se la presenza è indebolita, quella dell’AC resta una presenza significativa, è un modo di pensare e vivere la chiesa, aiutare le persone a incontrare il Signore: grazie dunque per il servizio che fa il presidente parrocchiale: è un servizio importante!

Chi accompagna le persone infatti, insieme ai responsabili, sono i presidenti: sono loro, siete voi, che conoscete le persone, le loro storie… i loro cammini. Siete voi presidenti che sapete fare l’opera insostituibile della mediazione tra progetti sussidi e le persone, che sapete ritagliare tutto ciò. A voi è affidato qualcosa di importante per la chiesa e per il territorio.”

Noi tutti abbiamo ricevuto l’AC da qualcuno, ora dobbiamo conservarlo e farlo crescere.

In tale prospettiva non dobbiamo avere la preoccupazione dei numeri (anche se calano) ma della vita delle persone.

Centrali sono le relazioni e la trasmissione dell’esperienza vissuta: la nostra vita di relazione, umana, di fede che per tanti è passata dall’AC, deve poi non restare nascosta, ma va comunicata.

Occorrono relazioni vere con tutti: con il parroco, con gli animatori, con tutti! Si deve insistere nel creare relazioni: tra laici e preti, tra adulti e giovani, il presidente prende ago e filo e cuce!

“Non sono venuto solo a parlare ma anche ad ascoltare; quello che racconti infatti è innanzitutto qualcosa che ti ha fatto diventare più bella la vita, ha dato spessore alla nostra interiorità, alla nostra famiglia.  Ecco, essere presidente vuol dire affermare che l’AC fa bene alla vita, che rimette in gioco, che può dare a volte anche qualche fatica. Ma il presidente deve avere la consapevolezza che è il perno fondamentale dell’ingranaggio. E non c’è difficoltà che non valga la pena comunque di essere accolta. Non c’è mai una situazione persa, una fatica che sia maggiore del risultato che possiamo ottenere.

Anche avere una piccola associazione, anche faticare con i piccoli numeri è un’esperienza significativa per le persone che vivono lì in quella piccola associazione e parrocchia. Proprio dove si vive più la fatica, è lì che un gruppo può resistere e rinverdire.”

Nelle nostre comunità i parroci hanno sempre più mille cose da fare, c’è bisogno di laici che aiutino i parroci a fare queste mille cose, non che siano il milleunesimo problema, ma un sostegno!

Il presidente ha poi posto l’attenzione sul ruolo e sul significato della scelta democratica, partendo da una domanda: perché insistere a tenere in piedi tutti gli spazi di partecipazione, come i consigli parrocchiali o diocesani, che certo moltiplicano gli incontri e il tempo da dedicavi? Perché sono i luoghi, gli spazi e i tempi che l’AC si è data, per sottolineare che non si è responsabili da soli, che il dono ci è affidato insieme, che è affidato ad una comunità: i consigli parrocchiali, i consigli diocesani, esprimono la scelta democratica ma soprattutto il senso della corresponsabilità.

Alla fine, Truffelli si è chiesto che cosa vorremmo che fosse l’AC in questi anni, ed ha precisato, quasi scandendolo, che ha scelto di essere uno strumento all’interno della Chiesa italiana, per dare corpo all’idea di chiesa che ha dato Papa Francesco con l’EG!

Così ogni gruppo di ACR, di giovani, di adulti deve mettersi dentro questo cammino; ogni educatore deve essere capace di vivere quel sogno (il sogno della Chiesa) che lui ci propone: andare incontro alle persone, farsi carico delle persone.

Ma in questo cammino, ha concluso il presidente nazionale, non siete da soli, siete all’interno di un’associazione che è una grande risorsa! Siamo 9.000 persone in Toscana: è un grande dono!  Ed inoltre siete all’interno di un’associazione che ha responsabili diocesani che vi devono sostenere.  Siete in un’associazione che ha una dimensione diocesana, regionale e nazionale. E vivere queste dimensioni non è mai tempo perso che appesantisce un presidente ma lo alimenta, lo rende più leggero. E’ un po’ come prendere l’aria; se non respiriamo mai a pieni polmoni, se ci chiudiamo, finiamo per restare senz’aria!

Dopo gli interventi, che hanno messo in risalto anche situazioni di difficoltà e talvolta di divisione presenti nella Chiesa o tra laici e sacerdoti, ha così replicato: “la questione non è se è più facile o più difficile fare AC se il prete non ci ama, ma la questione è uscire dalla logica del noi e loro. Ci è chiesto di dimostrare di avere la stessa passione per la Chiesa e per le persone. Essere prete oggi è faticoso, è esperienza di solitudine. Facciamogli capire che siamo accanto a loro e gli vogliamo bene. L’AC può essere bella chiesa se sa essere tessuto connettivo, capace di fare comunione e non di dividere. Questo è il nostro carisma. E’ questo quello che ci viene riconosciuto. Occorre dunque prenderci cura di tutta la Chiesa, e non solo di chi corre avanti, ma anche di quella che resta indietro.”

Dario Caturegli, consigliere unitario

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