ALLA SEQUELA: TESTIMONI NELLA CHIESA E NELL’AC

Inizia con questo numero una rubrica in cui vogliamo ricordare le persone che hanno dedicato tanta parte della loro vita all’Azione Cattolica pisana e nazionale. Senza queste persone la nostra associazione non sarebbe la stessa ed anche noi saremmo diversi, più poveri. Loro hanno dato tanto – anche la vita stessa – all’Azione Cattolica; noi dobbiamo tanto a loro, che con la loro fede e dedizione ci hanno fatto vedere nei fatti come sia possibile seguire una strada di santità. La santità che si realizza nella perseveranza dell’impegno evangelico, giorno per giorno, con la determinazione nel mettere un piede dopo l’altro verso la meta che il Signore Gesù, nella fede, ci permette di cogliere.

Ed è nostro dovere iniziare oggi con una pagina che ricorda la figura di don Antonio Bianchin – assistente dal 1963 dei giovani studenti di Azione cattolica poi assistente unitario dell’Azione cattolica diocesana fino al 1985. Infine, dopo una breve pausa di 2 anni in cui fu parroco a San Giuseppe di Pontedera, nominato da papa Giovanni Paolo II Vescovo Assistente generale di AC nel 1987.

Poche settimane fa abbiamo celebrato con una Messa il ricordo di don Antonio nel 25-esimo della sua morte avvenuta la mattina del martedì 22 gennaio 1991.

La mattina precedente lo avevo accompagnato alla normale visita di controllo dopo la malattia che lo aveva colpito 2 anni prima, e nel viaggio dalla casa dove era ospite a Calcinaia fino a Pisa e durante tutto il viaggio di ritorno mi aveva raccontato la grande gioia dell’incontro del giorno precedente. Domenica 20 gennaio aveva incontrato a Roma papa Giovanni Paolo II ed era raggiante, contentissimo di aver potuto rivedere il papa e parlare con lui.

Che don Antonio interceda presso il Padre, che lo ha accolto nelle sua braccia, per noi tutti, per la nostra associazione e per tutta la Chiesa pisana.

Lorenzo Mastropietro, presidente diocesano

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IN RICORDO DI MONS. ANTONIO BIANCHIN, NELL’ ANNO DELLA MISERICORDIA

Sono trascorsi 25 anni dalla morte prematura di Mons. Bianchin, Vescovo Assistente Generale dell’Azione Cattolica. Eppure la sua vicenda umana e spirituale ha ancora molto da insegnare anche in questi nostri giorni travagliati.

È una singolare coincidenza che in quest’anno il Papa abbia invitato tutta la Chiesa ad un Giubileo di Misericordia. Perché chi ha conosciuto da vicino don Antonio, ha ascoltato le sue riflessioni in tanti incontri, nelle omelie, ha sperimentato che la nota caratteristica del suo ministero sacerdotale ed episcopale è stata il desiderio di testimoniare, con la vita e con le opere e nel suo insegnamento, la grande realtà dell’amore di Dio.

Nell’omelia in occasione della beatificazione di Antonia Mesina, giovane sarda dell’Azione Cattolica, due parole ricorrono: “misericordia” e “sacrificio”.

È solo se siamo persone che hanno sperimentato e così intuito quanto sia incommensurabile e illimitata la misericordia Divina, che possiamo comprendere il gesto di fedeltà alla consacrazione battesimale di Antonia.

Non vi può essere un grande amore umano che non sia stato purificato dalla sofferenza. … Oserei dire che l’unico problema della nostra vita è questo: imparare ad amare.

Quelle due parole sono state il programma personale di vita di Mons. Bianchin, che ha dedicato quasi per intero il suo servizio sacerdotale all’Azione Cattolica. Un programma di vita che diventava proposta di impegno per tutta l’Associazione: «cercare di essere sempre più costruttrice di unità e di comunione all’interno della Chiesa, specialmente tra associazioni e movimenti, e cercare di accentuare la sua presenza nella società civile, con l’unico obiettivo di affermare i valori evangelici, come l’inalienabile diritto alla vita proprio di ciascun uomo, anche del bambino non ancora nato, il valore della persona, della giustizia e della libertà.» Il ministero sacerdotale di don Antonio si è svolto in anni difficili, con grande fervore di iniziative e con una costante attenzione educativa: promotore nel 1963 del Movimento Studenti, Assistente diocesano dal 1975 al 1985. Negli stessi anni direttore del Pensionato Toniolo e padre spirituale in Seminario. Poi parroco a S. Giuseppe di Pontedera fino al 1987, quindi la nomina episcopale.

Don Antonio, anche da Vescovo, non smise il suo stile diretto e semplice nell’esprimersi, specchio del suo stile di vita, animato dal desiderio di trasmettere l’essenziale. Per questo, scrivendo agli Assistenti diocesani li invitava a vivere la testimonianza della comunione, come segno di una autentica vita ecclesiale. E raccomandava di vivere gli atteggiamenti di umiltà, generosità, e valorizzazione della specificità dei doni dati ad ognuno per il bene di tutti e la realizzazione di ciscuno nella Chiesa. Parole che trovano una straordinaria corrispondenza in quelle che Papa Francesco a Firenze ha proposto ai delegati delle Diocesi italiane.

Uno stile di vita e un modo di comunicare, quelli di don Antonio, che per molti aspetti ritroviamo oggi nel Santo Padre. Don Antonio avrebbe oggi la stessa età di Papa Francesco, e spesso, nel sentirlo, ci si sorprende a pensare che molte delle suggestioni che ci trasmette erano state anticipate nei campi scuola, negli incontri, nelle celebrazioni, proprio da don Antonio. Forse per la formazione ricevuta, e per aver vissuto gli anni dell’attuazione del Concilio, ma soprattutto perché fu instancabilmente animato dal desiderio che ogni uomo alla ricerca di Gesù potesse trovare una Chiesa accogliente.

Senso di comunione ecclesiale, impegno educativo, instancabile fedeltà al compito di evangelizzazione: queste sono le caratteristiche di don Antonio che sono di esempio per tutti quelli che lo hanno conosciuto e per le vicende che viviamo anche oggi.

Il 20 gennaio 1991, due giorni prima della morte, nell’omelia domenicale diceva: Dio ci chiama, a noi spetta rispondere. Con disponibilità e generosità come il sì di Maria, con l’ascolto della Chiesa e delle necessità, sempre con fedeltà totale, con fiducia, con la gioia del sì. Ci insegni e ci aiuti Maria.

Andrea Tomasi

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RICORDI

Don Antonio è stato un uomo di fede, impegnato con tutto se stesso a seguire le persone, e in particolare i giovani, nel loro cammino umano e spirituale. Dotato di grande intuito, ha aiutato me, allora studente universitario, e molti altri a scoprire e a coltivare le domande di fondo che poi ci accompagnano per tutta la vita. Per cosa vale la pena di vivere? Come devo cercare di impostare la mia vita? Don Antonio sapeva prendere sul serio i giovani, ascoltarli accollandosi i loro problemi e le loro difficoltà. Ha dato se stesso a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarlo, con il coraggio che si manifesta solo quando i limiti della fragilità umana vengono vissuti alla luce della fede.

Bruno Codenotti

 

Don Antonio sapeva guardare nel cuore delle persone, sapeva vedere il buono, te lo sapeva raccontare. Io da lui mi sono sentito amorevolmente scrutato e quindi amato. Don Antonio è stato mio direttore spirituale. Ha seguito sin dal primo giorno la mia storia con Laura, ci ha seguiti nel fidanzamento, nella preparazione al matrimonio. Ci ha lanciati nelle nozze e ha condiviso la nascita dei nostri primi figli. Guardando oggi i quattro figli che il Signore ci ha donato, il nostro pensiero grato e commosso va anche a lui che questa famiglia ha visto nascere incoraggiandoci, sostenendoci, guidandoci nella Fede e esortandoci ad affidarci sempre al Signore e a Maria.

Paolo Puglisi

Sono stato uno dei ragazzi del Pensionato Toniolo e lì ho conosciuto don Antonio, veramente un padre per me ed ancor di più quando, dopo circa 1 anno, il Signore chiamò a sé il mio padre naturale. Un padre, un educatore in primo luogo. Un’educazione esigente, forte, per puntare a tirar fuori i talenti, per portarti in “alto”. Ti lasciava libero di scegliere, ma con la consapevolezza che la vita di tutti i giorni come la vita di fede è soggetta a prove e richiede un “allenatore” che ti mette sempre l’asticella piu’ in alto fino dove sa che ce la puoi fare. E lui era sempre lì pronto ad ascoltarci. Specie noi Toniolensi ci veniva a cercare, con la scusa di un “buon caffè“ (quanti ne prendeva al giorno non l’ho mai saputo) per accompagnarci, seguirci, su un cammino di studio, ma non solo. Lo studio non basta mi diceva. Ci proponeva il senso del nostro studio, un cammino di vita in cui scoprire la propria vocazione e in cui maturare come uomini verso l’amore di Dio. Infatti non bastano i soli riferimenti umani, pure necessari, non bastano le competenze professionali. Occorre un cuore e soprattutto delle motivazioni soprannaturali che abbiano il loro riferimento fondante nella persona stessa di Cristo e nel suo amore che ci spinge e ci sollecita e ci interpella prima di tutto per un cammino personale di crescita nell’amore e per un servizio inteso come dono di se stessi. Don Antonio educava poi con il suo esempio, con la sua vita (non la sua salute) , con la sua presenza, dedizione, passione senza risparmio. Grazie a lui ed all’ambiente da lui creato intorno a me ed a tutti i giovani come me che è cresciuta la mia fede, che è nata la mia vocazione al matrimonio, l’incontro con mia moglie e cosi la crescita è divenuta di coppia prima e di famiglia poi. Ora che sono io padre, padre di figli ormai adulti, ancora fortemente legato con quelli che allora erano giovani come me e come me ora sono genitori, ora sentiamo tutti molto forte il bisogno di ringraziare Dio per averci fatto conoscere don Antonio maestro, testimone, ministro e Vescovo, “fonte di acqua” cui ci siamo abbeverati e che ancora ci sazia.

 

Marco Di Lieto

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