Un AVVENTO di conversione per riconciliarsi col Padre, con i fratelli e con se stessi
Sabato 30 e domenica 1 dicembre abbiamo vissuto una bella esperienza di spiritualità ospiti della Casa di preghiera delle Suore Dorotee di Vorno, sul versante lucchese dei monti pisani.
Guidati da don Emanuele Morelli, direttore della Caritas diocesana, abbiamo meditato il Vangelo di Matteo a partire dalla parabola dell’invito alle nozze, che è la traccia evangelica di tutto il percorso formativo proposto quest’anno dall’AC agli adulti.
All’inizio dell’Avvento don Emanuele ci ha invitati, prima di tutto, a cogliere il tempo liturgico come occasione propizia di rinnovamento, di riscoperta dell’essenziale della fede. E lo ha fatto con una bella citazione: “Smettiamo di essere chi eravamo e torniamo ad essere chi siamo realmente”. Incontrare Dio – ci ha ricordato – vuol dire essere invitati a vivere la gioia della “buona notizia” del Vangelo. Siamo invitati ad una festa di nozze. Ma la nostra fede è realmente gioiosa o, a volte, è più simile ad un funerale? E ha concluso la meditazione di sabato, invitando ad abbandonarci con semplicità all’amore smisurato del Padre.
Domenica mattina, nella riflessione sul giudizio universale (Mt 25, 31-46), don Morelli ci ha fatto osservare come “il Re discerne fra pecore e capri” e mentre le pecore sono poste alla “sua” destra, i capri stanno semplicemente a sinistra (senza aggettivo possessivo), già lontani dalla prossimità con Dio. Il Regno è destinato a chi ha dato da mangiare, a chi ha dato da bere, a chi ha ospitato il forestiero, cioè l’immigrato. Essi hanno avuto orecchi e occhi per accorgersi del bisogno del povero ed hanno avuto cuore e testa per organizzare risposte a questi bisogni. Quelli che stanno alla sinistra, allo stesso giudizio del Re, non rispondono in maniera estesa, ma fanno una crasi, semplificano, sono generalisti. La loro condanna nasce anzitutto dal fatto che non entrano in relazione, che non creano legami, che non si pongono in prossimità dell’altro e del bisognoso.
Concludendo la sua riflessione, don Emanuele ci ha invitato a manifestare il nostro amore a partire da chi ci è più vicino, da chi abbiamo in casa. A curare la comunicazione, ad avere la capacità di fare buoni compromessi, a sperimentare percorsi concreti di riconciliazione all’interno della famiglia dove: “non ti perdono perché sei buono, ma è per-dono, è con amore gratuito che ti aiuto a migliorare, a cambiare”.
Insieme a noi, un gruppetto di una ventina di adulti, sono stati, alternandosi nel condividere la preghiera del vespro e la celebrazione eucaristica, anche gli assistenti don Italo e don Claudio.
Renato Lemmi