Verso l’incontro dell’A.C. con il Papa il 3 maggio prossimo
Una fedeltà che si rinnova nel tempo per essere “pietre vive unite a Gesù”
L’incontro con il Papa è sempre stato un momento importante nelle Assemblee Nazionali dell’Azione Cattolica. Innanzitutto per ribadire il particolare legame che esiste tra l’Associazione e la Chiesa, in fedeltà al successore di Pietro. Ma anche come momento di ascolto di indicazioni che sono state spesso veri e propri programmi di vita, proposte forti ad ogni aderente di mettersi in cammino dentro la storia dell’Azione Cattolica, una storia di santità che si rinnova nel tempo.
In quasi 150 anni, l’attenzione dei Pontefici per l’Azione Cattolica è stata costante, con toni spesso affettuosi, sempre esigenti, ma questo proprio per la particolare natura dell’Associazione, messa in evidenza dopo il Concilio dallo Statuto approvato nel 1969. Di notevole significato, a questo proposito, il discorso di Giovanni Paolo II alla VI Assemblea, nel 1986, in cui viene affermato il riconoscimento della storia e dell’identità associativa. Indicandone il fondamento conciliare (Lumen Gentium 33, Apostolicam Actuositatem 20) e richiamando il magistero di Paolo VI (Discorso alla III Assemblea, 1977) il Papa ricorda che “Sotto il profilo storico e spirituale, l’Azione Cattolica è scaturita da un bisogno preciso di cristiani laici, desiderosi di raccogliere le sfide del loro tempo, non meno travagliato del nostro e anzi, per certi aspetti, in Italia, forse più carico di preconcetti e di ostilità verso la chiesa. In tale situazione quei pionieri hanno compreso la necessità di un organismo che inserisse i laici, in forma stabile e associata, nel dinamismo apostolico della chiesa in collaborazione col ministero gerarchico. Il Concilio, guardando a questa realtà, ne ha riconosciuto la preziosità e l’ha collocato in una profonda visione ecclesiologica”.
La “singolare forma di ministerialità laicale” di cui parla Paolo VI costituisce il tratto essenziale dell’identità di Azione Cattolica, e Giovanni Paolo II prosegue: “Questa identità può sussistere solo a condizione di una piena fedeltà al magistero sia in ragione dell’essere battezzati, sia in ragione dell’essere chiamati alla collaborazione con l’apostolato proprio della gerarchia e di una sentita concordia con le altre associazioni e movimenti di apostolato dei laici”. Non è tuttavia una visione statica, un invito a ripiegarsi su se stessi, ma è piuttosto una spinta verso l’azione evangelizzatrice. Che il Papa indica con parole di una attualità incredibile: “La rapida trasformazione che l’avvento delle nuove tecnologie sta producendo nel nostro paese, sul piano non solo economico ma anche sociale e culturale, aumenta l’urgenza dell’opera di evangelizzazione, cioè dell’annuncio di Cristo che salva e redime. Occorre dunque proporre con chiarezza, con forte e dolce capacità di persuasione, l’unica risposta autentica e adeguata, che è Cristo, perfetto modello dell’uomo. Occorre inserire questa risposta della fede nella mutevole cultura di oggi, per rigenerarla dal di dentro, liberarla dalle sue molteplici schiavitù e aprirla ai veri valori. Tutto ciò interpella la chiesa che è in Italia. Chiama in causa noi pastori, come voi carissimi laici di Azione Cattolica e come ogni forza viva che lo Spirito fa nascere nella comunità cristiana. A noi tutti è chiesto di essere protesi all’impegno di evangelizzazione. Un’evangelizzazione che nasce dalla passione per la verità di Cristo e dall’amore per l’uomo, e che pertanto è ricca di dinamismo e capace di iniziativa”. Sembrano parole pronunciate in vista del Convegno Ecclesiale del prossimo anno.
Il discorso di Papa Giovanni Paolo II alla VI Assemblea contiene anche due indicazioni di impegno più diretto per i programmi associativi, impegni legati alla missionarietà dei laici. “Il segreto della fecondità missionaria è, come ben sapete, la santità di vita: questa rimane dunque la priorità fondamentale negli impegni dell’Azione Cattolica. La preghiera, la prontezza al sacrificio, alimentate dalla fiducia filiale in Maria madre della divina grazia, siano il punto di riferimento inderogabile della vostra vita. Lo slancio missionario è proporzionale alla “coscienza di verità”; affinché l’Azione Cattolica condivida in tutte le sue componenti il senso di responsabilità per la verità cristiana e ne possa essere annunciatrice e testimone competente e qualificata all’interno delle complesse problematiche attuali, le vostre associazioni sono chiamate a divenire autentiche scuole di formazione dottrinale, oltre che spirituale, e non solo per le verità da credere, ma anche per il comportamento da tenere”.
Con Giovanni Paolo II gli incontri con il Vescovo di Roma diventano un appuntamento imprescindibile delle Assemblee. È lui ad affermare nel 2002: “La Chiesa non può fare a meno dell’Azione Cattolica”. Ed è sempre Wojtyla – a Loreto nel 2004 per un incontro nazionale – ad affidare all’associazione tre consegne per il rinnovamento: contemplazione, comunione, missione. Consegne ribadite da Papa Benedetto XVI ai delegati alla XIII Assemblea, nel 2008, convenuti in piazza San Pietro. A loro raccomanda: “In una Chiesa missionaria, posta dinanzi ad una emergenza educativa come quella che si riscontra oggi in Italia, voi che la amate e la servite sappiate essere annunciatori instancabili ed educatori preparati e generosi”.
Quest’anno l’incontro è con Papa Francesco, che conosce l’Azione Cattolica, presente e vivace anche in Argentina. Nello scorso dicembre, ai ragazzi dell’ACR e ai loro accompagnatori disse: “Vi incoraggio ad essere sempre nella Chiesa “pietre vive”, per edificare la Chiesa, unite a Gesù. L’Azione Cattolica senza Gesù non serve, diventa una ONG, ce ne sono tante, non va. È un’altra cosa: essere pietre vive unite a Gesù!”. Con il suo stile semplice e diretto ha riconfermato, se ce ne fosse stato bisogno, la raccomandazione dei Papi affinché in Azione Cattolica non si perdano le caratteristiche essenziali dell’identità associativa: la tensione alla santità e il servizio all’edificazione della Chiesa.
Andrea Tomasi