MSAC, da mezzo secolo tra i banchi di scuola

San Frediano in festa per i 50 anni del movimento. La notizia dell’Arcivescovo che arriveranno i Gesuiti alla parrocchia Universitaria.

Pisa, Settembre 2013

Anche il presidente del consiglio Enrico Letta, un altro parlamentare, tre vescovi (Antonio Bianchin, Giovanni Paolo Benotto e Simone Giusti) e una dozzina di preti tra le migliaia di giovani che, in mezzo secolo di storia, hanno frequentato il Movimento studenti di Azione Cattolica. Il «movimento» nacque ufficialmente nel 1963, su incoraggiamento di S.E. Mons. Benvenuto Matteucci. Primo assistente don Antonio Bianchin, vice parroco a Riglione e insegnante di religione al liceo scientifico «Ulisse Dini». Il suo motto «Siate seri!» ha avuto forse meno eco del «State buoni se potete» di san Filippo Neri, rappresentato da Johnny Dòrelli nel film che tanto successo ha avuto grazie alla tv. Ma sicuramente è entrato nella testa e nel cuore di centinaia di giovani cui don Antonio, poi divenuto assistente generale dell’Azione Cattolica Nazionale, faceva da confessore e direttore spirituale. «Ci aiutava a sognare, a cogliere le opportunità che la Chiesa e la società avrebbero potuto darci» racconta Paolo Cosci, uno dei primi a seguire don Antonio nel Movimento studenti (agli esordi si chiamava MSC, Movimento Studenti Cattolici). Cinquant’anni dopo gli ex Msac – oggi padri di famiglia, qualcuno anche nonno; si sono ritrovati nella chiesa universitaria di San Frediano, aderendo ad un invito di don Claudio Masini. Durante la celebrazione eucaristica l’Arcivescovo S.E. Mons. Giovanni Paolo Benotto ha ripercorso la storia, lo spirito, i doni, i frutti, la grazia a cui il MSAC ha attinto ed ed attinge ancor oggi nel suo servizio alla Chiesa e alla società.

E dai frutti che si riconosce la bontà di una pianta. E di frutti il Movimento studenti, in mezzo secolo di storia, ne ha dati veramente tanti. A conclusione della celebrazione, nel giardino della chiesa, il cronista è stato avvicinato da tanti “msacchini” della prima ora. Si commuove ancor oggi il dottor Paolo Cosci ricordando la figura di don Antonio Bianchin, fondatore di questa esperienza, nel 1989 consacrato vescovo, assistente generale dell’AC, prematuramente scomparso a 55 anni di vita: «Don Antonio fu un grandissimo educatore di coscienze, confessore e direttore spirituale. Ci incoraggiava a comportarci bene; ma faceva anche di più: ci appassionava a guardare lontano, a cogliere le opportunità che la società e la Chiesa ci offrivano, per costruire fin da allora un nostro progetto di vita». Ricorda uno studente di allora, poi divenuto sacerdote diocesano, ricorda: «Don Antonio ci era amico da uomo e da prete, senza indulgere a facili giovanilismi; proprio per questo lo cercavamo, perché sentivamo che ci dava qualcosa di diverso e che ci aiutava a crescere: era una persona seria, e al tempo stesso buona, capace di parlare il linguaggio dei giovani e di condividere i problemi e le ansie di un’età inquieta com’è l’adolescenza. Con quel linguaggio e quella capacità di condivisione, però, diceva cose da adulto, che aiutavano noi a diventare adulti». «Siate seri!» era la frase che amava ripetere don Antonio Bianchin. Per lui l’Azione cattolica era la “casa” più naturale per la formazione dei laici cristiani. Una “casa” che don Antonio aveva conosciuto nella sua gioventù a Villorba (TV). Paolo Cosci, dopo la laurea conseguita all’università Cattolica Policlinico Gemelli a Roma, si spinse fino in Burundi, dove rimase dieci anni in missione, vivendo in comunità con altri laici. E qui, anche grazie a donazioni raccolte nella Diocesi di Pisa, contribuì a realizzare due ospedali. Ma molti altri, dopo quell’esperienza nel Movimento studenti, guardarono lontano. Fece piuttosto clamore, alla fine degli anni Sessanta, la scelta di cinque studenti del Msac, già “rappresentanti di Istituto”, di entrare quasi contemporaneamente in Seminario. Tra questi Paolo Benotto, oggi nostro Arcivescovo, e poi Claudio Masini, Antonio Cecconi, il compianto Adriano Valleggi, scomparso per una malattia tropicale dopo un soggiorno a Tamanrasset (Algeria); ed anche Stefano Viale che, affascinato dalla spiritualità dei Piccoli Fratelli di padre Foucauld, fu inviato per il noviziato a vivere tra i barboni senza casa di Brooklyn, a New York. Negli anni Sessanta e Settanta il Movimento studenti crebbe. Nacquero i gruppi di istituto. La Messa cittadina del giovedì divenne un appuntamento fisso per centinaia di studenti. Diversi di loro, prima di entrare a scuola, si ritrovavano in chiesa per la recita delle lodi mattutine in comune. Nacque anche il primo giornale studentesco: il “Kappatré”. I ragazzi del Msac visitavano, ogni mese, gli anziani della casa di riposo «Umberto Viale». E poi come non ricordare la prima mostra fotografica cittadina sulla fame del mondo o il ciclo di Cineforum al sabato pomeriggio. I campi scuola locali e regionali a Pian degli Ontani e quelli nazionali al Posso Falzarego e al Pordoi, fino a quelli internazionali della J.E.C. in Francia. Nei decenni successivi due giovani del Msac divennero parlamentari: Stefano Ceccanti, costituzionalista, docente all’università «La Sapienza» a Roma e Enrico Letta, oggi presidente del Consiglio. Un altro ex msacchino, Simone Giusti, laureato in architettura, divenne sacerdote diocesano, ha ricoperto anche incarichi nazionali nell’Azione Cattolica e, nel recente passato, è stato consacrato vescovo. Tanti ex msacchini sono adesso impegnati da docenti universitari o da insegnanti nella formazione delle nuove generazioni, tanti sono impegnati in politica, nelle amministrazioni pubbliche. I più sono semplicemente “ex” – commenta Maggiorana Giannessi – e possono testimoniare un’esperienza che ha lasciato un segno profondo nella loro crescita umana e spirituale. E un ambiente aperto dove ciascuno è sempre stato accolto per ciò che è. Maria Prodi ha ancora «in soffitta a Pisa, scrupolosamente collezionati, e poi miseramente abbandonati, molti documenti sulla vita del Msac nella Pisa degli anni 70. Gli elenchi di nomi con numeri di telefono, scuole e classi che ci servivano (inimmaginabile Facebook!) a tenere i contatti fra di noi, e con quelli che gravitavano senza troppa regolarità attorno alla associazione. I nostri volantini e il Movimento Notizie che usciva regolarmente, tirato a sprezzo del pericolo con la macchina del ciclostile che eruttava inchiostro e impiastricciava tutto. Conservo anche molti schemi delle nostre riunioni: quelle del sabato pomeriggio (altro che vasche…) divise per istituti, e sperimentalmente, solo per alcuni anni, per fasce di età. Gli schemi degli incontri del martedì in cui si alternavano il gruppo biblico, ed il gruppo teologico. Conservo anche i fascicoli dei canti, sulla copertina dei quali azzardai i miei primi lavori di illustratrice. Il giovedì era dedicato alla messa feriale, assieme, nella chiesa di San Giuseppe, e successivamente di Sant’Anna. Perché era fermo e chiaro il principio che la partecipazione al Msac non doveva allontanare dalle parrocchie, e che alla celebrazione eucaristica domenicale ci si sente chiesa, semplicemente chiesa». «Eravamo studenti ed eravamo cattolici – ricorda Silvia Nannipieri – Non volevamo creare una piccola chiesa alternativa, né tanto meno una compagnia di uguali. Amavamo la gente, amavamo la società, amavamo le nostre diversità e volevamo fare la nostra parte insieme a tutti gli altri. A distanza di quarant’anni, sarò irriducibile, ma credo ancora che essere chiesa sia questo».

 

Andrea Bernardini