A Barbiana per conoscere Don Milani

Una semplice ma significativa esperienza, quella organizzata dall’Azione Cattolica diocesana, che ha portato un bel gruppo di adulti a conoscere meglio i luoghi e la vita di un sacerdote, testimone scomodo della forza del messaggio evangelico, che le parole di Papa Francesco stanno contribuendo a far riscoprire.

2 - adulti (2)Siamo saliti a Barbiana con le auto e in una bella domenica di sole settembrino, dopo questa estate assai poco solare, e certo quei pochi chilometri nei boschi, alle pendici del Monte Giovi, ci hanno fatto un effetto assai diverso da quello che devono aver fatto al giovane priore salitovi sotto la pioggia nel giorno della festa dell’Immacolata nell’inverno del 1954.

A Barbiana ci sono solo la chiesa e la canonica e, ancora oggi, quelle poche case sparse che esistono e sono state riadattate a case di campagna e agriturismo, sono ben nascoste alla vista di chi sosta sotto il pergolato o al bordo della piccola piscina fatta scavare in due anni da don Lorenzo ai suoi allievi per insegnare ai piccoli “montanari” a non avere paura di niente,
nemmeno dell’acqua.

Come ci ha narrato nella sua lunga e appassionata testimonianza, Michele Gesualdi, che c’ha accolto nella piccola stanza della scuola, la decisione di spedire lassù don Milani era la più atroce condanna per un prete innamorato della sua missione pastorale; avergli affidato una comunità “senza popolo”.

Eppure, malgrado la sofferenza umana, la prova depurò e rese ancor più forte il messaggio profetico di don Lorenzo che riuscì a liberarsi di una certa verbosità, figlia della sua istruzione borghese, che rende complessa la lettura del suo primo libro: “Esperienze pastorali”, per esprimersi invece con semplicità ed efficacia esplosiva negli ultimi scritti: “L’obbedienza non è più una virtù” e “Lettera a una professoressa” (composta con i suoi allievi), che lo hanno fatto conoscere al mondo.

2 - adulti (3)Quella povertà ed essenzialità, imparata dalla cultura contadina, che sono anche oggi il messaggio più forte che abbiamo percepito a Barbiana. Ad esempio sostando in preghiera davanti alla sua semplice tomba nel piccolissimo cimitero dove accanto a lui riposano le spoglie di Eda, la perpetua che ha condiviso la sua esperienza di vita, e la di lei madre Giulia che don Lorenzo chiamava affettuosamente “nonna”.

Un’essenzialità e coerenza che Michele Gesualdi, uno dei sei primi storici allievi del priore, ci ha spiegato facendoci assaporare l’efficacia dei libri per immagini, appesi alle pareti della scuola o raccontandoci qualche piccolo aneddoto di quella vita quotidiana di un maestro che rifiutava la cattedra e partiva sempre, nelle sue lezioni, dalla lettura del giornale. Una scuola dove si andava volentieri, anche se durava dieci ore al giorno, tutti i giorni dell’anno, compresa la domenica, non solo perché si evitavano i duri lavori nei campi o nella concimaia, ma soprattutto perché s’imparava e non si veniva giudicati.

Certo una figura importante del cattolicesimo sociale, don Milani, ma soprattutto un prete schierato dalla parte dei poveri perché quella degli ultimi, degli operai, dei rifiutati è la parte di quel Gesù Cristo di cui si era innamorato. Per cui a Pipetta, il giovane comunista che gli diceva “se tutti i preti fossero come Lei, allora…”, rispondeva: “il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso.”

Renato Lemmi
Vicepresidente Adulti

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