La commemorazione dei Martiri della Romagna

La commemorazione dei Martiri della RomagnaSi è rinnovata stamani a Molina di Quosa, nel comune di San Giuliano Terme, la commemorazione delle 59 vittime della barbarie nazista uccise l’11 agosto del 1944 in località Romagna.

Nel corso della celebrazione è intervenuta Elena Laguzzi, a nome dell’Azione Cattolica del vicariato, con queste parole:

Nelle ultime 48 ore abbiamo vissuto nel frastuono, solo bombe. Bombe, bombe. Devono farci uscire, qualcuno deve farci uscire di qui. Devono permettere ai civili di scappare da questo inferno. Siamo terrorizzati, siamo nascosti e non possiamo uscire da dove ci troviamo. Ho fame, ho sete. Sono nascosta in una stanza sottoterra con i miei figli da ieri e da ieri i miei figli non mangiano e non bevono. Non possiamo scappare. Scappare per andare dove? Non ci sono vie d’uscita, ci muoviamo come topi solo per nasconderci. Hanno fame e sete i miei figli, sono nascosti qui con me e non so come sfamarli. I dolori delle madri sono dolori uguali ovunque, in tutto il mondo. Se dovessi descrivere a un’altra madre la vita di mia figlia direi: fame, fame e fame. A volte ho pensato che sarebbe meno doloroso per me vederli morire sotto le bombe che morti di fame. Le madri vogliono vedere i figli crescere e sorridere, invece stanno vedendo i propri figli diventare scheletrici o peggio, cadaveri. E non possiamo fare niente. Nulla è nelle nostre mani sotto questo inferno di bombe. Come si descrive il dolore di una madre che sa di non poter salvare i propri figli? Non si descrive. Sono una madre, vorrei che i miei figli fossero bambini, bambini come gli altri.”

Quelle che avete appena ascoltato non sono le parole di una madre che ha vissuto la seconda guerra mondiale, sono le parole di una madre siriana che sta vivendo i dolori di una guerra proprio in questi giorni.

Oggi, in un luogo tutto sommato poco distante da noi, si stanno ripetendo gli stessi drammi vissuti dalla nostra nazione anni addietro: cambiano i luoghi le persone le motivazioni, le armi, ma le sofferenze restano. E la guerra in Siria è solo una delle molte guerre che si stanno combattendo ancora oggi nel mondo ma che rischiano di passare inosservate, dimenticate.

Noi stiamo vivendo in un tempo di pace e spesso ciò rischia di farci considerare con superficialità fatti di guerra lontani da noi. Guardiamo con dispiacere ma forse con un pizzico di fatalità notizie atroci di luoghi lontani…

Per fortuna ci sono giornate come queste che ci fanno fermare a pensare, ricordare che la pace che viviamo oggi è stata conquistata, è il frutto di uomini che si sono sacrificati, che hanno fortemente voluto la pace.

Noi siamo qui a ricordare il 25 aprile del 1945: giorno della liberazione, giorno della pace riconquistata dopo anni di sofferenze.

Ma la memoria rischia di essere sterile se da essa non riusciamo a trarre gli insegnamenti necessari a far sì che tali eventi non si ripetano.

La pace in cui viviamo oggi è il frutto dell’impegno di tutte quelle persone che si sono adoperate per creare un clima di convivenza e di collaborazione in tutto il nostro continente.

Certamente molto si deve al lavoro svolto dai leader politici, ma è anche il frutto dell’impegno e della coscienza di persone comuni che nella loro vita decidono ogni giorno di costruire la pace.

Con il trascorrere degli anni i sentimenti e gli ideali che hanno animato la rinascita della nostra nazione e consentito che si creassero i presupposti per una convivenza pacifica tra i popoli rischiano di perdere di intensità.

E allora ben vengano questi momenti per passare il testimone di quegli ideali alle nuove generazioni, ma soprattutto a non dare mai per scontata la pace, intesa non come semplice assenza di guerra, ma vera fratellanza delle genti.

È con questo animo che un gruppo di giovani dell’Azione Cattolica delle nostre parrocchie nei mesi successivi alla fine della grande guerra volle erigere il primo nucleo di questo monumento, affinché fosse tramandata la memoria di una tragedia che così profondamente aveva segnato loro e la gente di questi luoghi.

A noi oggi è consegnata l’eredità di quei giovani, il loro impegno a costruire una società più giusta e più fraterna. E noi ben volentieri lo raccogliamo, ben consapevoli del valore che ci è affidato.

Lo facciamo anche dietro la spinta che ci forniscono le parole del Papa quando rivolgendosi a noi dell’Azione Cattolica lo scorso Maggio a San Pietro disse: “Rimanete aperti alla realtà che vi circonda. Cercate senza timore il dialogo con chi vive accanto a voi, anche con chi la pensa diversamente ma come voi desidera la pace, la giustizia, la fraternità. È nel dialogo che si può progettare un futuro condiviso. È attraverso il dialogo che costruiamo la pace, prendendoci cura di tutti e dialogando con tutti.”

O ancora: ” sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico,- mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola! – attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale. Allargate il vostro cuore per allargare il cuore delle vostre parrocchie. Siate viandanti della fede, per incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti.”